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Letizia
Lago di Antermoia, lascia senza fiato!

Il gruppo del Catinaccio, straordinario miracolo di natura alpina, ben noto per la meravigliosa colorazione delle sue torri e pareti al tramonto del sole, è uno dei gruppi più pittoreschi delle Dolomiti. Deve il suo nome alla cima principe che i fassani chiamano “Ciadinac” (grande catino). Originariamente, il gruppo era chiamato Vael, che in ladino significa scanalatura, solco profondo. Di lì, alcuni nomi ormai famosi come Vaiolet (Torri del Vaiolet), Vaiolon e Roda di Vael. Col tempo, l’intero gruppo ha mantenuto la denominazione di Catinaccio (o Rosengarten in tedesco). Siamo andati alla scoperta di un luogo del Catinaccio tra i più iconici delle Dolomiti trentine: venite con noi ad ammirare il Lago di Antermoia!

Lago di Antermoia, perla nel cuore del Catinaccio

Sono diversi i percorsi escursionistici per raggiungere il Lago di Antermoia. Scegliamo la val Duron che, partendo da Campitello di Fassa, si incunea dolcemente tra Catinaccio e Sassolungo. L’accesso principale alla val Duron avviene da Campitello di Fassa dove, a piedi, in circa un’ora e mezza su carrareccia, si arriva al Rifugio Micheluzzi (metri 1860 s.l.m.). In alternativa, per risparmiare tempo e dislivello, parcheggiando lungo la Strada del Salin, punto d’accesso privilegiato alla Val Duron, è attivo un servizio taxi ad un costo di euro 10 a tratta (biglietto a bordo). Dal rifugio Micheluzzi si prosegue lungo la val Duron fino a trovare sulla sinistra le indicazioni per il rifugio Antermoia; di qui, inizia la salita passando per il passo delle Ciaregole e per il passo di Dona, fino a raggiungere il rifugio Antermoia ed il lago di Antermoia. Sono circa 700 metri di dislivello complessivo, percorribili in un paio di ore e mezza.

Un pezzo di cielo turchese caduto tra le Dolomiti…

Dopo la faticosa salita, giunti al rifugio, degustare uno squisito piatto alpino diventa un delizioso piacere, ma il lago non è ancora in vista e l’attesa cresce. E’ a pochi minuti, ma si nasconde come una perla, da scoprire poco a poco. Ogni passo ci avvicina e, finalmente, eccolo, nella sua colorazione turchese, un pezzo di cielo caduto tra le Dolomiti, semplicemente unico. Il laghetto di origine glaciale, a quota 2.495 m in un ambiente severo circondato da rocce bianche e pietraie, assume un color smeraldo che accanto al blu profondo del cielo creano un contrasto meraviglioso. La fortuna ci regala anche alcuni istanti di pausa dalla brezza delle cime e, come per magia, il lago diventa uno specchio in cui le cime delle montagne possono ammirarsi nel loro più limpido splendore. Spesso il clamore dei social media e le serie TV spingono al successo mediatico luoghi meravigliosi, che poi le masse del turismo corrompono irrimediabilmente. Il lago di Antermoia, forse per il lungo percorso di avvicinamento, regala ancora emozioni genuine da scoperta inaspettata.

Sentiero alpinistico per Cima Antermoia

Proseguendo lungo la valle che si apre dietro al lago di Antermoia, in direzione dell’omonimo passo, si può raggiungere il punto di attacco della via ferrata che porta a Cima Antermoia. Consigliamo, prima di avventurarsi su questo percorso alpinistico, di approfondire tramite le più dettagliate relazioni tecniche. L’attrezzatura da ferrata è indispensabile (caschetto, imbrago e guanti da ferrata), oltre ad una buona preparazione fisica. Il tempo indicato sulle relazioni per raggiungere la cima si aggira sull’ora e mezza, ma non va minimamente sottovalutata la difficoltà alpinistica. Una volta in cima, il panorama a 360 gradi che si apre lascia attoniti. La cresta non offre grandi spazi di manovra; tuttavia, con un minimo di attenzione, girare attorno a sè stessi consente di spaziare su Catinaccio, Latemar, Sassolungo e Sassopiatto, fino al meraviglioso schienone della regina delle Dolomiti, la Marmolada. Dalla cima, scendendo per un’altra ferrata, si raggiunge Rifugio Passo Principe.

Perchè si chiamano Dolomiti e le loro antiche origini geologiche

Le splendide Dolomiti, note anche col soprannome di “Monti Pallidi” per il colore grigio latteo delle sue rocce, hanno origine nella notte dei tempi. La macchina del tempo ci porta indietro a più di 250 milioni di anni fa. Questa parte di Trentino era un’immensa laguna tropicale. I dinosauri scorrazzavano liberi su lunghe lingue di sabbia, lasciando impronte preistoriche. In alcuni casi fortunosi si sono addirittura conservate fino ai giorni nostri. Presso Rovereto, nel Trentino meridionale, ancora oggi è possibile ammirarle presso il geo-sito dei Lavini di Marco.

In alcune aree, i mari tropicali e le splendide lagune venivano interrotti da splendidi atolli con formazioni coralline tanto simili agli attuali Caraibi. Tali conformazioni rocciose, spinte verso l’alto dallo scontro tra placche tettoniche, emersero dagli abissi e altro non sono che le attuali splendide Dolomiti. Devono il loro nome al naturalista francese Déodat de Dolomieu (1750-1801), che, per primo, studiò il particolare tipo di roccia di cui sono composte; il loro caratteristico colore cangiante è dovuto alla loro struttura chimica. Si tratta, infatti, di un agglomerato di carbonato di calcio e magnesio con alta capacità riflettente dei colori, capace di meravigliosi riverberi di luce in albe e crepuscoli indimenticabili.